Domenica 26 febbraio ha preso il via la seconda edizione del Festival “Jazz Idea” del Conservatorio Santa Cecilia di Roma, con la direzione artistica di Carla Marcotulli, cantante e docente di Canto Jazz presso il Conservatorio.
Dopo il successo della prima edizione nel 2022, si replica la manifestazione che quest'anno contempla ben 12 concerti a ingresso libero, con grandi esponenti del jazz italiano e internazionale accanto ai nuovi talenti provenienti dal Dipartimento Jazz del Conservatorio.
Anche quest’anno, protagoniste del Festival sono le nuove idee musicali, attraverso un dialogo interattivo tra tradizione e nuovi linguaggi. Tra i nomi in cartellone: il pianista Enrico Pieranunzi con la cantante Valentina Ranalli, il duo formato da Rita Marcotulli e Carla Marcotulli, il pianista Aaron Goldberg ospite del quartetto guidato dal chitarrista Fabio Zeppetella, che comprende anche il bassista Dario Deidda, il trombettista Flavio Boltro, il batterista Ettore Fioravanti, la pianista Patrizia Scascitelli.
I dodici concerti, strutturati in sei appuntamenti, si terranno anche per questa edizione nella bellissima Sala Accademica del Conservatorio, caratterizzata da una delle migliori acustiche al mondo e dal Grande Organo Walcker-Tamburini.
Il secondo concerto della prima giornata del festival è stato quello di Ettore Fioravanti Opus Magnum: un quartetto jazz operante dal 2018, formato da Fioravanti (batteria e direzione musicale), Marco Colonna (clarinetto e clarinetto basso, sax baritono), Igor Legari (contrabbasso) e Andrea Biondi (vibrafono). Lo sviluppo di una identità sonora dettata dalla originalità della formazione, dalla qualità degli esecutori e dal perfezionamento di un profondo interplay conseguenza di un crescente affiatamento dei musicisti, ha spinto il gruppo a cercare altre vie da percorrere sia sul piano compositivo che su quello della tavolozza dei colori musicali a disposizione.
Pensando a brani che coniughino scrittura e improvvisazione, rispetto del ruolo dello strumento e sua messa in discussione, e soprattutto personalizzazione della parte scritta da parte di interpreti di raffinata capacità jazzistica, il risultato è un quadro sonoro che va da una specie di teatro musicale con i solisti che simulano i personaggi di un dialogo a corali di ispirazione sinfonica, da complessi intarsi ritmici a spazi di lunga distesa sonora, da momenti di citazione dei grandi del jazz dell’altro ieri (Monk) e di ieri (Weather Report) a campi di totale libertà singola e collettiva. Il titolo “Attraverso ogni confine” allude a un transito senza dogane tra territori con linguaggi e tradizioni diversi, e alcuni titoli dei brani (Bering, San Diego, Gibilterra) richiamano luoghi di passaggio tra stati con culture, linguaggi, colori e suoni differenti tra loro ma comunque sempre compatibili.
Sono sempre stato affascinato dalle terre di confine e i perché sembravano molteplici: sovrapposizione di culture, usi e tradizioni diversi, linguaggi e dialetti ibridi, abitudine a trattare il dirimpettaio come qualcuno di casa, orizzonti che mostrano senza soluzione di continuità luoghi coni differenti titolarità. A rifletterci bene però mi rendo conto che ciò che attrae maggiormente è proprio quel filo immaginario che separa una nazione, una regione, talvolta anche una città da un’altra.
Un confine non è fatto per essere superato ma per essere attraversato. È insieme forbice e nastro adesivo. Siamo sul confine quando nasciamo e quando moriamo; in questo stesso attimo temporale siamo tra passato e futuro. C’è un confine permeabile fra saggezza e follia, odio e amore, coerenza e contraddizione, e ogni persona calibra diversamente il punto di passaggio da una posizione all’altra. È una linea senza spessore tra due tempi, due spazi, due sostanze, due sentimenti, il punto di incontro tra infinito e zero.
Anche se quasi sempre è più comodo stare al di qua del confine, dove le nostre abitudini sono un bozzolo nel quale ci accucciamo ben protetti, c’è il momento in cui la vita ci spinge ad uscire fuori e a rischiare passi ulteriori. Il mio mestiere è fare musica e la mia sfida consiste principalmente nel mettere in discussione le mie certezze musicali. Questo lavoro rappresenta la mia sfida di oggi, aiutatemi ad accettare la prossima, che sarà certamente più ignota e più bella, anche tra 150 anni. Poi oltrepasserò anche quel confine, e chissà.
Ettore Fioravanti
(Fonte: conservatoriosantacecilia.it)
Ettore Fioravanti – batteria
Marco Colonna – clarinetto basso
Igor Legari – contrabbasso
Andrea Biondi – vibrafono
Conservatorio di Santa Cecilia, 26 febbraio 2023
(Un sentito ringraziamento all'ufficio stampa "Fiorenza Gherardi De Candei Press & Promotion")